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Una donna bella e trascurata, una che non bada all’apparenza, ha perso il comando del mondo conosciuto.
Si crogiola in un’orgogliosa decadenza, che rende triste chi l’ammira ancora.
Ha rughe che le attraversano la faccia come strade, vengono da altri tempi e vanno molto lontano.
I seni floridi sono vulcani spenti, si specchia in laghi sereni e circolari, alza le braccia come obelischi al cielo e nuota con le sue gambe a foce nel mare aperto.
Roma è una sovrapposizione di manifesti elettorali, se strappi un lembo sulla faccia di qualche candidato, da sotto sbuca uno sguardo differente, e non si capiscono più i suoi connotati.
Meno che mai il pensiero. Roma ha più personalità, gli antichi rioni e i nuovi mutevolissimi quartieri. Languida donna all’alba, si fa rossa al tramonto come una verginella.
Santa e volgare, conservatrice e multiculturale, a volte è una barbona che quasi non si accorge di essere viva. Ha sacchi di condomìni fatti di spazzatura, li mette in fila nella pioggia battente, sopra chilometri di sampietrini scivolosi. Ma, ecco sbucare l’anima ruggente, si sceglie un selcio e lo scaglia sulle finestre accese, quando è davanti ai palazzi del potere.
[…]
Ma poi dà al fongo una calcata in testa,
Due passi innanzi rivoltato in costa,
Vuò trovà modo de spiccià ‘sta festa.
Fa prima una sbracciata, e poi s’imposta,
Piglia la mira dritta dritta, e in questa
Nol falla mai se nol facesse a posta;
Ma perché fa da vero, a fé non sbaglia,
Giusto in dove ha mirato, el selcio scaglia.
[…]
(Ma poi dà al cappello una calcata in testa,
due passi avanti girato di fianco,
Vuole trovare il modo di risolvere la faccenda.
Prima scioglie il braccio e poi si mette in posa,
Prende la mira dritta dritta, e nel farlo
Non sbaglia mai se non per farlo apposta;
Ma poiché fa sul serio, non commette errore,
proprio dove ha mirato, scaglia il sasso.)
Versi tratti dal Canto IV del Meo Patacca, opera di Giuseppe Berneri del XVII secolo, in cui si narra di un duello di sampietrini. Il sampietrino è il tipico blocchetto di selce, proveniente dalle cave dei Colli Albani e del Viterbese, lavorato a forma di piramide tronca rovesciata, che venne utilizzato dal ‘500 in poi per la pavimentazione delle strade romane. A Roma fu utilizzato per la prima volta in Piazza S. Pietro e la sua messa in opera comportò la nascita della categoria dei “serciaroli”. Le frequenti rivolte popolari li videro in gran misura come protagonisti di sassaiole. Oggi la Città Eterna, nel suo lento processo di modernizzazione, se ne sta sbarazzando a poco a poco, strada per strada.
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Testi di Francesca Perinelli
Fotografia di Luigi Scuderi
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Tag: Blog, Cartaresistente, Città raccontate, Francesca Perinelli, Giuseppe Berneri, Luigi Scuderi, Meo Patacca, Racconti, Roma, Sampietrini, San Pietro
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