Faticosa scrittura

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Quella di questo post che giaceva tra le bozze già da qualche tempo.

Il tratto elettronico, l’inchiostro e la lingua metaforici si sono come disseccati, esposti al vento incendiario di Gaza, dell’Ucraina, della povera Italietta nostra. Ho guardato con pudore alle piccole e necessarie azioni quotidiane e, semplicemente, le ho compiute. Le compio ogni giorno, perché degne di dedizione esclusiva. A ciascuno spetta la scelta di definire ciò che è necessario alla propria quotidianità e conosco persone con una quotidianità molto alta. Io non sono tra quelli, non la me stessa di oggi, almeno.

Leggo, sì, ma ricerco la sommatoria di pagine da comprendere a fondo una per una; la notizia verificata, non l’opinione vanagloriosa; il rapporto 1:1, non il rumore di fondo dei luoghi affollati; il botta-e-risposta senza necessità di pubblico.

Per tutto questo, e per la necessità di raccogliermi in disparte, per trovare nuovi modi e indirizzi a quella che comunque sento come abilità da rimettere al giudizio, se non proprio al servizio di chi legge, fino alla breve eccezione di oggi, ho preferito non scrivere di me.

Vengo al punto. In alcuni casi voi mi conoscete più di quello che dicano le righe di un post. Voi, di cui ho appena detto, vi fidate, mi attendete. Non ultimo, nei fatti e nelle parole, mi sostenete. Sto prendendo lo slancio necessario, ancora un attimo. Intanto vi ringrazio tutti, i sostenitori dichiarati e consapevoli, come gli altri che per me realizzano l’impensabile, semplicemente esistendo al mondo.

Sul fronte della scrittura, due articoli di Davide Orecchio, più di altri, ultimamente, mi hanno dato la scossa necessaria. Il post sul suo blog dal titolo “Sto contro il non scritto“, che tratta, sì, della chiusura dell’Unità, ma un po’ anche della mia chiusura -e chissà, a guardare bene le similitudini, cos’altro ne caverei fuori-, e “La guerra sporca di Videla“, pubblicato su Left della scorsa settimana, un “appunto” lungo un decennio, la cui chiosa vale, ancora una volta, a confermare l’essenza di Davide come scrittore di livello, capace, anche tramite un breve scritto, di veicolare un messaggio universale:

Abbiamo in sorte un’epoca che digerisce, mette in rete e condivide ogni vicenda per posarla in uno spazio che è presente continuo, lo storage della storicità. Questo può servire. È un deposito di fatti, nozioni, forse di sapere. Aiuta a vedere l’innesco e la catena della brutalità di Stato che è un virus non debellato dal Novecento dei lager, delle torture in Algeria poi trasmigrate in Sudamerica con tanto di docenti e discenti, e che inaugura questo secolo a Genova, a Guantanamo e chissà in quale altro segretissimo luogo. La nostra gracilità trova la sua diagnosi in una malattia di violenza: ve ne sono ceppi dovunque, nello spazio continuo che lega ieri a oggi, un paese del Nord argentino all’Europa, una segreta nordafricana a un carcere latinoamericano; e ciascuno di essi contamina, infetta, dissemina il trauma della minaccia e della paura. Di generazione in generazione. Tra comunità e comunità. Tutto ci riguarda. Tutto noi, e noi siamo tutto. Ma se l’ombra è compresa, raccontata, ricordata, se sul blackout accendiamo la luce può darsi che il trauma rimpiccolisca e che il nostro oppresso senso del limite guarisca sino a sfiorire. I fantasmi fanno paura finché non li si smaschera.

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Aggiungo che la letteratura non rischia di morire, finché è alimentata da fonti come questa. La sintesi di slancio e verifica; di revisione e fatica; del singolo e della moltitudine; di grida e silenzio; di luce e buio; del rincorrersi della finzione e della verità.

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11 Risposte to “Faticosa scrittura”

  1. lois Says:

    La letteratura non muore se si esce dalla vanagloria e dall’egoismo che pervade tutta la nostra vita quotidiana. Si scrive per il piacere e si scrive per la bellezza, abbandonarsi inutilmente ed esclusivamente al proprio io (amplificato in tutte le sue forme) non ha ormai alcun senso. Si scrive poi per informare e per crescere, per portare avanti le battaglie e per spingere la verità ad uscire a galla.

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    • frperinelli Says:

      Ciao lois 🙂
      Sono d’accordo, mi pare che dobbiamo (solo?) imparare a gestire e incanalare i nuovi modi, molto “liquidi” peraltro, per dirla alla Bauman, in modo da restare testimoni del presente, informatori, pensatori o quant’altro -ti dirò, anche nell’esibizionismo (comunque specchio dei tempi)- tenendo presente di avere come contraltare un pubblico di lettori non più passivi, ma in grado di recepire e utilizzare a loro volta gli spunti ricevuti per organizzare il proprio pensiero e influire su quello della collettività.
      Il blogger rischia di restare un’isola, mentre ha potenzialità davvero significative tra le mani.

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      • gelsobianco Says:

        “Il blogger rischia di restare un’isola, mentre ha potenzialità davvero significative tra le mani.”
        Hai perfettamente ragione, frperinelli!
        Un saluto
        gb

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  2. Wish aka Max Says:

    Io non parlerei di letteratura ma di cronaca. Penso ai tempi medioevali in cui i libri venivano miniati dai frati, e rappresentavano l’unico modo per trasmettere la conoscenza. Oggi abbiamo un mezzo straordinario, nel maremagnum della rete ci sono gocce preziose e gocce velenose ma tutte costituiscono un bacino immenso che è la testimonianza del nostro tempo. Credo che chiunque abbia modo e maniera di farlo debba dire la propria. Che sia dirla sulla politica, sul costume, sulla propria interiorità, su filosofia, su considerazioni di costume. Qualunque cosa. Forse non è letteratura ma è sicuramente una testimonianza.
    E sono contento, e tu lo sai, che tu ritorni a scrivere. Qualunque sia la molla, sarebbe stato un peccato che te ne astenessi.

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    • frperinelli Says:

      Sì, lo so 🙂 Stavolta metto qui la risposta che ti avrei dato in privato. Sul principio la vediamo alla stessa maniera, è solo che io per natura ammutolisco molto facilmente, specie nelle situazioni poco chiare. Mi serve sapere che quello che mi sembra avere un senso, l’impegno nella scrittura (impegno che costa fatica, anche fisica) ne ha anche per altri.
      Caro Macchese, un abbraccio.

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  3. guido mura Says:

    E’ una vecchia questione: letteratura engagéè o libera espressione dell’io? Quanto a me, credo che scrivere sia soprattutto comunicare (dal che deriva anche una certa qual propensione per la chiarezza dell’enunciato) e che nel comunicare non si possa evitare di testimoniare la vita e il mondo del momento in cui si vive. Per questo, anche i testi non esplicitamente impegnati, lo sono comunque sempre anche in maniera inconsapevole. Anche il volersi rifugiare nella banalità ha un significato, anche il voler proporre prodotti di consumo (come i soliti gialli con i soliti investigatori e serial killer del cavolo) per un pubblico in cerca di intrattenimento puro ha un suo significato. Quando la rinuncia al pensiero, soprattutto al pensiero originale, si fa fenomeno di massa, significa che l’uomo ha perso fiducia, motivazione: è un segnale di resa all’assurdità della vita in questo universo.

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    • frperinelli Says:

      Ho letto il tuo ultimo post, e i commenti seguiti (bellissima la poesia di Pessoa). Aggiungo il mio:
      Il non scritto, a volte, viene espresso oralmente, o nei fatti, e sortisce comunque un effetto “politico”. Ma è nella permanenza dello scritto che risiede la vera forza di un pensiero espresso.
      Questa potenzialità dai contorni sconosciuti, su di me ha un effetto a tratti paralizzante.
      Chi non la percepisce, spesso, ne abusa, sono d’accordo. Ma non credo che si tratti di non-pensiero, bensì di pensiero omologato per carenza di cultura.
      Bene, quindi, la tua proposta di costruzione di una “nuova coscienza della realtà, sviluppando una visione complessiva del pensiero umano, che si scopre fondata sull’antonimia teleologia/casualità”, purché si riesca a fare lo sforzo di coinvolgere anche chi non padroneggia la distinzione tra “teleologia” da “teologia” e tra “casualità” e “cazzeggio”. 😉

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      • gelsobianco Says:

        Pessoa è uno degli autori che, forse, sento di più.
        E la sua “Non sto pensando a niente” ha uno spessore incredibile da analizzare con grande profondità.

        “purché si riesca a fare lo sforzo di coinvolgere anche chi non padroneggia la distinzione tra “teleologia” da “teologia” e tra “casualità” e “cazzeggio”. ;-)”
        Bravissima! 🙂

        Io ho lasciato da Guido Mura un mio commento… “da pessimista”!

        Ciao!
        🙂
        gb
        Grazie.

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  4. gelsobianco Says:

    Son ben felice che tu sia tornata scrivere, per qualunque ragione tu lo abbia fatto.
    Apprezzo molto le tue quattro righe di chiusa perché dicono, in sintesi, quel molto che tu volevi fa giungere ai tuoi lettori.

    Io non ti ho seguito ultimamente perché in un periodo molto complesso.
    A presto!
    Ciao, cara
    gb

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