Immaginami camminare in tondo, segnando il foglio immateriale coi miei passi – li puoi pensare silenziosi e lunghi, le impronte non esattamente uguali per qualche rallentamento o sosta, o fuori traiettoria, per un battito di palpebre appena rallentato, o per lo scarto di un pensiero laterale.
Continua a starmi dietro e pensa la stessa scia dei miei pensieri. Ascolta la mia voce immaginaria domandare: Quindi ne sono fuori per sempre? Non sono gli unici, è così. E poi, accade anche a me.
Ma allora, in questo non luogo di deprivazione sensoriale che è il foglio in rete, come trasmettere con la stessa vividezza provata nell’ascoltarlo il suono di un albero caduto nel folto della foresta?
Si tratta dell’albero numero 16 per la precisione, che come gli altri suoi 153 fratelli, ha nome INCIPIT, e l’ho ricevuto ieri mattina. Quando ho risposto al campanello la postina ha gridato: “Non entra un albero dentro la cassetta!”
“Un albero?” Lei lo teneva in mano, e lo agitava davanti all’occhio deformante del videocitofono.
Eh, sì, era proprio il mio 16, anche se ho stentato a riconoscerlo al momento. Perché, dopo essere accorsa per togliere dalla testa della signora l’idea di poterlo lasciare incustodito per terra, ed essermelo stretta al petto nel rientro in casa, poi, l’ho guardato meglio, così tutto avvolto in una grossa busta beige, e ho pensato: Mon Dieu, lì dentro starà soffocando!
Con velocità e perizia l’ho liberato dal suo involucro, ma era ancora involtolato in altra carta. Ho preso quindi altro coraggio per le mani, pronta nel caso a praticargli la rianimazione, e ho tolto pure quella. E quindi è nato.
Adesso spiego: non era mica morto, anzi. Sì, quando è caduto aveva prodotto un suono, ma lontano da me, nella foresta, appunto, dove esisteva da sempre come idea, e solo quando l’ho tenuto per le mani ne ho avvertito le forti vibrazioni. È stata un’emozione grande. Quant’è bello. È fatto di cellulosa in pagine ad alta grammatura, ha immagini e colori vividi, e parla attraverso incipit.
È un ritorno, una rinascita, un nuovo corso, di Cartaresistente. “[…] non si trova in rete, non ha un sito o una pagina su qualsivoglia social del momento” è scritto nell’ultima pagina.
Che limiti, ah, che limiti ha la virtualità.
Potessi condividere le sensazioni della lettura lenta, sfogliandone le pagine, il rumore che fanno, il suo odore, il suo rapporto con il mio spazio d’intorno, l’ammirazione per la cura con cui è confezionato. Ma non si può.
Resta un mistero per me, un mistero che non ho voglia di indagare, come tanti illustri illustratori si siano prestati a creare un’opera che, a quanto mi viene detto, viene richiesta invano dai librai, la prima di una serie, forse. Ma non conta. Commossa e orgogliosa ringrazio Cartaresistente del gesto e della cura con cui è stato compiuto. E grazie al messaggero, il caro Davide (del quale, dopo nove anni, ancora non conosco il volto ma solo la sensibilità e la bravura), che mi ha voluta includere tra i destinatari.
Mi perdonerà, lo so, se faccio solo un accenno a quanto tutti gli altri si stanno perdendo (Prrrrrrrrrrrr!).
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17 giugno 2021 alle 21:50 |
serena serata
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