Ascesa e caduta di un’ape (sonetto)

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Sull’orlo del pozzo son ape

che ronza, tra l’ombra di foglie.

Vicino  c’è un merlo che coglie

dei vermi, ne becca le crape.

 

Ma come per caso io struscio

il secchio appoggiato, che cade

sul fondo, alle porte dell’Ade

di cui questo pozzo n’è l’uscio.

 

Mi pare che imprechi, nel tonfo:

“Minuta ma sembri un tricheco!”

(Che bello, per me è un trionfo!)

 

Il merlo, che è mezzo cieco,

annienta il mio andazzo un po’ tronfio

volandomi addosso di sbieco.

 

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8 Risposte to “Ascesa e caduta di un’ape (sonetto)”

  1. Stevenson Says:

    L’ha ribloggato su Stevens.

    Piace a 1 persona

  2. Claudio Marcello Capriolo Says:

    Insolito sonetto di enneasillabi, a metà strada fra il sonetto classico composto di endecasillabi e il cosiddetto “sonetto minore” fatto di settenari. Niente male 🙂
    Modificherei soltanto quel “che bello”, è pur sempre un solecismo. Metti piuttosto “che gioia” o qualcosa di simile.
    Per il resto, complimenti.

    Piace a 1 persona

  3. Mariano Says:

    Chi scrive poesie cammina, scava, osserva. Vorrebbe andare più a fondo e qualche volta si spaventa d’essere caduto in qualche pozzo tra i tanti che la natura ha formato nella psiche, nelle ere del genoma.
    L’ape maldestra punzecchia il merlo indifferente. Ma il secchio è infernale… chissà per quale motivo! 🙂
    Cosa succede a liberare i versi? Hai provato? Ciao!

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  4. Tratto d'unione Says:

    Che bello!!! (o che gioia?) 😉

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  5. guido mura Says:

    Insolito, certo. Ma probabilmente l’endecasillabo per le api è un po’ troppo lungo 😉

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