Ritorno al palco abbandonato. Tra foglie secche – ma non è un bosco: sembrano solo sollevarsi ai passi e ricadere sulle assi senza un suono (o forse almeno un che di polveroso ne intuisce l’esistenza sulla scena) -, incespichii, incertezze, l’inesausto protrarsi della stagione morta non spaventa. Non fa male. Non giudica. Nemmeno chiede. Né del ritorno dei vecchi cartelloni, dubbi trionfi rosi ora nel buio dalla noia dei topi, né di tagli che provochino squarci, almeno malamente, nel sipario. Le cose morte, la luce, può solamente farle rimorire. Cara l’assenza che si accarezza per riconoscenza d’averla sempre avuta per compagna al fianco, cara certezza che nella sottrazione si riposi bene. Caro riposo, cercato nelle corde strette all’albero maestro, benché si sappia marcio, benché votato al fulmine, benché oscillante, presuntuoso e vano. È un albero di scena, la rappresentazione eterna di un naufragio. Onde di cartapesta si susseguono immobili, senza uno spruzzo, senza uno scroscio, nell’incessante incombersi una sull’altra, sullo sfondo.
Tag: Poesia
16 marzo 2022 alle 18:55 |
Bello. A volte leparole sanno essere fluide,in movimento, tridimensionali. E sono su quel palco fra il vento che sospende le foglie, fra quello che è stato e quello che è. Bella suggestione.
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16 marzo 2022 alle 19:03 |
Mi fa piacere ritrovarti e sapere che apprezzi questi, che sono primi balbettii emessi dopo un po’ di tempo. E quindi grazie 🙂
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17 marzo 2022 alle 16:06 |
Grazie a te 🙂
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17 marzo 2022 alle 21:43 |
un susseguirsi di parole, di immagini, di suoni. Complimenti. Un ritorno in grande stile.
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19 marzo 2022 alle 08:42 |
Grazie del passaggio e della lettura!
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19 marzo 2022 alle 18:12 |
😀
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