di CRT2
Sinceramente sul bianco non ci punterei, troppo debole, troppo delicato, troppo neutro. Non punterei neanche sulla sua durata se applicato come colore su tutto quello che conosciamo. Ma il bianco più che un colore è un concetto di cui riappropriarsi e se così fosse, allora le cose cambiano. Di bianco, antitesi del nero, è pieno il mondo e se da una parte è poco difendibile proprio per la sua delicatezza, dall’altra dovrebbe essere riportato al centro dell’indagine per il suo valore istintivo.
Di bianco si può morire, colore vergineo è associato a Santi e Martiri come la “purezza fatta persona”. Essere bianchi dentro e fuori, cioè non sporcati da qualsivoglia tonalità nefanda neanche di striscio, pone la questione come universale, drammatica e in tensione religiosa, al punto da creare storie… anche se di anime pure da parificare al bianco, oggi, in giro, non credo ce ne siano molte.
Un passo dietro l’altro sempre camminando a ritroso sul bianco si arriva appunto alla Santità di cui sopra, bianca per antonomasia e per difenderla e non sporcarla, si preferiva biblicamente immolarsi, un esempio “iconico” per il futuro e peccatore genere umano.
Diciamo che all’Essere, eletto dal destino divino, il colore bianco-puro senza toni aggiunti calza a pennello e lo veste con quella grazia che a noi trasgressori un po’ irrita perché preclusa, e per questo abbiamo tutti, anche senza volere, un intimo rispetto verso questo colore neutro o se preferiamo “non colore”.
Nella modernità il bianco sembra essere associato alla cura nel momento del bisogno, nel senso che fare pulizia dentro e fuori di noi, periodicamente, assomiglia più o meno al tornare puri il più possibile e ripartire, appunto bianchi.
Io non ho più enzimi per digerire il latte e se mi dovesse capitare di scegliere un Cappuccino al bar per colazione, lo ingerisco pur sapendo che non lo dovrei fare perché poi sto male fino a sera. Il mio cervello al solo pensare di buttar giù un bicchiere di latte mi rimanda immediatamente allo stomaco un senso di vomito.
Preferisco la bianca mozzarella, i morbidi di capra (sempre bianchi), Ricotta, Caciotta Crescenza, Camembert… cibo nutriente e bianco che scelgo.
Il tema del nutrirsi o non nutrirsi con un colore è un’indagine sanitaria che per molti mette in discussione la propria intrinseca salute: ci sono individui che devono evitare i cibi verdi soprattutto verdure con una forte presenza di ferro; i cibi rossi riconosciuti come velenosi da certi intestini, mentre una buona dose giornaliera di nero carbone li puliscono… e così via.
Ma il bianco anche nel cibo, come per l’anima e per molte altre cose utili della nostra vita, ha un altro livello che coscientemente possiamo associare, come si diceva all’inizio, alla purezza: avvolti nel bianco ci si sposa; si dorme sonni tranquilli; si proteggono (generalmente) le nostre parti intime. Si scrive meglio su un foglio bianco, si lavano meno le auto bianche, un muro bianco in casa rimanda un senso di pulizia, nei bagni le ceramiche sono quasi sempre bianche candide. Scrivanie, librerie, porte, interno dei cassetti, delle tasche dei pantaloni, il mio cuscino.
Tutto, all’inizio delle nostre storie, passa per il bianco che ahimè poi viene giocoforza interiorizzato, filtrato, ingerito-digerito, espulso perché ormai ha compiuto il suo ciclo di vita e morte, escludendoci dalla santità. Oggi tener duro per restare perennemente sul bianco credo sia impossibile: ieri ho accompagnato mia Nonna al mercato, lo preferisce all’Ipermercato che ha sotto casa. Ha chiesto al banco dei detersivi della “carta igienica”. E la domanda, non scontata, è stata – come la vuole, Bianca? – la risposta di Nonna è stata- No, non bianca perché si sporca subito!” Ça va sans dire!
Tag: Bianco, Blog, CRT2, Quadrilogia, Sinistra, Take five, V-CRT
14 novembre 2019 alle 13:32 |
Da qui si capisce come la digestione del bianco sia materia per stomaci forti.
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14 novembre 2019 alle 16:53 |
Il bianco? Un colore che riflette la luce. Non si lascia trapassare dai raggi, una specie di fortezza inespugnabile.
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