Una volta, cioé due giorni fa, era tutto diverso. Diversi i gradi in meno, diverso il clima. Pioveva dal cielo a goccioline, come da un annaffiatoio, sulle siepi fiorite di gelsomino che sfioravo passandoci accanto mentre andavo al lavoro. Il giorno si era aperto con la bruma, quello stato dell’atmosfera che tipicamente predispone alla malinconia. Cielo basso, aria grigia, assenza d’ombre. Umidità diffusa, tanto da avere l’impressione che la pioggia si fosse dimenticata della gravità.
Lo devo dire? Io ero contenta. Di una felicità istantanea, moderna, mordi-e-fuggi, da sfruttare finché c’era, tanto lo sapevo che sarebbe durata poco. Mi sono stretta con soddisfazione nel giaccone e ho fatto partire in cuffia Paul Weller, “You do something to me”.
E il reale è diventato iperreale: la siepe più odorosa, la pioggia più bagnata, la commozione più intensa. È tornata la Primavera, quella della vita, con le stesse fitte dentro al petto perché c’è qualcosa di sconosciuto e tremendo che deve assolutamente realizzarsi e tu non solo non ti ci opporrai ma cercherai ad ogni costo di andargli incontro. Qualcosa che ha a che fare con la gratitudine: “mai sentita così bene, mai trovata tanto sana, mai avuto più fortuna”, come cantava ai suoi tempi Mara degli Ustmamò, e tutto questo perché esiste qualcuno che te lo fa dire, qualcuno a cui lo devi dire, per tirarlo dentro e farvi avvolgere insieme da quella sensazione. In quei momenti la vita sembra tutta lì, sembra che davvero non ci sia bisogno d’altro. È chiaro che è una balla, se superi i vent’anni, se lo fai davvero, lo capisci a suon di porte in faccia. E quindi questi cambi di tempo così inaspettati arrivano come un regalo da scartare da soli, in segreto, e con gratitudine.
Passano appena un paio di giorni e la bruma è già un ricordo lontano, la nebbia si è sollevata ed è comparso il solleone. Tutti al mare, tutti al mare. No cara, tu resti al chiodo come tutti, intima il demone ordinario. Tranquillo, dicevo per dire, non ci pensavo proprio. Tanto me lo porto dietro, il mio scampolo di straordinarietà. Si chiama bicicletta. Qui, a Roma, tutte buche sampietrini e sensi unici, regno dei motorini e dei pedoni grande dolor. Che sfida.
Era da un po’ che avevo notato quegli anarchici delle due ruote, mi facevano particolarmente invidia nei giorni in cui lo sciopero dei mezzi pubblici trasforma in un ciclo epico lo svolgimento della transumanza quotidiana.
Tanti anni, che dico? Tantissimi anni fa, ho vissuto a San Francisco per circa un mese e un bel giorno sono stata travolta dalla critical mass, un’orda di matti scocciati che mensilmente bloccavano, in senso letterale, la città sfilando in bici nella maniera più colorata e rumorosa possibile. San Francisco, non so adesso, ma nel novantasei, mentre ero lì, era un posto dove se mancava la corrente e si spegnevano i semafori, vedevi le Drag Queen coi loro parrucconi, le zeppe e tutto il resto mettersi in mezzo alla strada a dirigere il traffico ballando sulla pedana del vigile urbano (o come si chiama lì) come se si trovassero sul cubo in discoteca. Potevi entrare in un negozio di dischi e avere un incontro ravvicinato con le chiappe dal tuo vicino messe in bella mostra attraverso due buconi praticati nei pantaloni di pelle (certamente umana). Dove negli ospedali era consentito l’ingresso a delle vecchine che portavano torte alla marijuana ai malati terminali di cancro, perché la marijuana, per chi non lo sapesse, è un potente antidolorifico.
Altri anni addietro, invece, ma non tanti come quando stavo a San Francisco, ho passato qualche giorno a Cagliari dove Pietro, il mio amico clown scientifico mi mostrò una città diversa da tutte le città italiane dove, tra l’altro, suo padre faceva parte della critical mass locale. Descrisse le difficoltà ma anche l’orgoglio per la sua azione civilizzatrice, che i più vedevano soltanto come una gran scocciatura. Ed eravamo a Cagliari, mica a Roma.
La bicicletta l’ho sempre usata fin da bambina, ci andavo anche a scuola qualche volta, lungo via Cristoforo Colombo fino ad Ostia. Ma negli anni, mentre io diventavo sempre più automobile-dipendente, nei centri lontani dal nord-est, come quello in cui vivo, averla è diventato un optional, una pratica radical chic per privilegiati. Finché non ho abbordato un ragazzetto, uno pressappoco della mia generazione, insomma, non sottilizziamo. È salito in metropolitana col caschetto sotto braccio e per mano un agglomerato arcano del quale si intuiva fossero parte raggi, gomme, tubolari e cavi. Quando ha risposto con una parlantina sciolta alla mia richiesta di informazioni, mi sono resa conto di come sia fragile la barriera che separa gli uni dagli altri nello spazio urbano. Una barriera tanto più alta quanto più la vita delle persone si somiglia, ma che crolla giù non appena si esce dai binari dell’ordinario. Curioso. Così ho preso appunti, non si sa mai, su marche, modelli e su chi li rivendeva usati, quegli strani aggeggi. Poi è passato del tempo e l’appunto è rimasto lì, sommerso da una marea di altri, di volta in volta sempre più importanti.
Ora, saranno dieci giorni, in pista ci sono anch’io. La mia Dahon blu pieghevole, trovata d’occasione, sale con me in metropolitana e insieme a me ne discende, aprendosi come un libro per regalarmi di nuovo la libertà del vento in faccia, di respiri profondi (e che m’importa se l’aria puzza, conta l’idea), di potermi sollevare e guardare la strada dall’alto come se ne fossi la regina. Ho appena scoperto un altro manipolo di matti scocciati, che si definiscono “Ciclomobilisti” e che festeggiano proprio oggi il “Bike 2 work day” (peccato non aver messo in piedi prima questo blog, avrei dato in anticipo la notizia).
I tempi cambiano, è Primavera. Svegliamoci bambini.
Tag: Bicicletta pieghevole, Blog, Cagliari, Ciclomobilisti, marijuana, Musica, Ostia, Paul Weller, Primavera, Sampietrini, San Francisco, Ustmamò
11 Maggio 2012 alle 17:21 |
ma che storia gioiosa, alla faccia di tutto quello che ci sta crollando addosso, un pò di allegria non guasta, anzi è proprio quello che ci vuole per andare avanti….. a piedi, su due ruote, su quattro o su otto…. basta che si vada….. contro vento, a favore a vela o a motore…. ce sei piaciuta!!! CoccoRaffa
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