lo scotto del lavello
il caldo scioglie i grassi
vanificando forse il tentativo di fare economia, aperto il rubinetto va aspettato che la caldaia si azioni e porti a temperatura l’acqua
nei giorni freddi dell’anno, quando il flusso è pronto per lavare i piatti, immergere le mani in acqua calda è un piacere
e allora no, che non si economizza
quando il flusso è pronto si tuffano le mani, e il calore brucia quasi fastidioso su dita e dorso ma subito
scavalca un brivido sordo
dal polso al gomito alle spalle e poi va a diramarsi
dalle clavicole
in su percorre a ondate rastremate il collo
raggiunge la radice dei capelli, le mascelle
le rilassa, aprendo alle labbra fredde un’ipotesi remota di sorriso
carezza e pungola le guance e il naso
fa fremere le rughe sulla fronte
in giù attraversa il petto a rullo
spiana lo stomaco
palpeggia i genitali
si srotola tra femore e caviglie
per quanto misero e breve, a questo piacere si può essere grati
si può
versare un goccio di sapone e attendere ancora
che si sfochi la schiuma sulla spugna fino al buio
arretrando la vista
infossandola nel corpo
mandandola in missione da paciere
presso le palpebre arrese
alle annose contese tra i pensieri
mostrare prove chiare
dichiarare le responsabilità
lasciate stare, ipocrite, io so
come ve ne stavate spalancate
quando
si dissipavano le mani
e gli aliti e gli spasmi
e non si accusava stanchezza
e non si contavano i lividi
e non si contavano le ore
e i piatti si accumulavano
come le incrostazioni
e si sapeva già lo scotto del lavello
(che poi quello
non era colpa né di biden né di putin)
e si sapeva bene di non poter pagare