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The Square. Quadrilogia della mia musica – Il Jazz

4 luglio 2019

di Francesca Perinelli

Harlem, 1954. Interno notte.

Round Midnight è appena terminata tra i mugolii di Monk. La cassa armonica di carne, ossa e anima sorride, ha un dono di cui non sa vantarsi. Cerca di farsi strada tra le gente lì per gridare, battere i piedi sotto il tavolo, fumare, scrollare la testa a ritmo e, se va bene, agganciare gli occhi di una pupa per chiudere in gloria la nottata.

Si sta ancora asciugando la fronte col polsino, sul bancone trova il solito già servito e, accanto, uno che conosce bene.

Grande esibizione.

Grazie Miles.

Theo, sai che mi piace da morire la tua canzone. Io la devo suonare, non sarò contento finché non avrò la tua fottuta approvazione.

Ah! Ah! Amico, ma se finora hai fatto cilecca.

Sì, ma…La gente ora li assedia, ha riconosciuto Davis e si dà di gomito.

Aaaah…, lascia perdere.

Argomento liquidato da una mano agitata dietro le spalle.

Davis si morde un labbro. Si allontana da Monk che ha preso a sorseggiare la sua ricompensa.

È tutto un

dling-dling, e zaff… ffff… e Aummm… e Sì, mi piacerebbe… e Ehi! e ancora, Guarda dove vai, idiota!

quando lo squarcio della tromba prende il suo spazio e ci dà sotto dal centro della sala.

Theo ascolta fino all’ultima nota, quindi raggiunge Miles tra gli applausi e lo sorpassa.

Ancora non ci siamo.

Ci riuscirò, ricordalo!

Mi prenderai per sfinimento!

Monk grida un’ultima risata dal fondo del locale ed esce nella bruma Newyorkese.

Davis lo segue di lì a poco, la brezza che gli viene incontro sembra riferirgli un borbottio di tromba.

Sicuro, amico. Ci sei già riuscito.