Da brava matusa sperimentatrice provo a pubblicare un post dal telefonino mentre me ne sto en plain air…
Sono sdraiata sulla sabbia nera di fronte all’isolotto. Ho svuotato lo zaino con i libri sul vecchio asciugamano -che più stinge e più mi piace-. In una successione ininterrotta di gesti mi sono tolta i vestiti e tuffata una, due, tre volte fino a sentire spegnere il fuoco sopra e sotto la pelle. Sette tra ragazze e ragazzi siedono in cerchio qui vicino, sotto l’ombra di un grande albero . Ascoltano un coetaneo tirare fuori accordi. Stairway to heaven, come sbagliarsi.
Era sulla sponda di un altro lago, quello di Bracciano, nel ’91. Uscita di casa litigando con mia madre, adesso ero tranquilla. Si era fatta notte fonda. Avevamo festeggiato il mio compleanno ascoltando le schitarrate di un amico, circondati da una miriade di candele accese.
La riva si faceva sempre più scura mentre a intervalli regolari ciascuna candela prendeva la via del largo.
Il lago era una scia di fiammelle tremolanti. E noi, coi nostri vent’anni -in ritardo di un’ altra venticinquina sull’epoca che aveva illuso i giovani di stare cambiando il mondo-, tremanti a nostra volta per l’ascolto dei Led Zeppelin. Quella strada* verso il paradiso non riguardava noi, lo sapevamo.
Nacque in quei giorni la consapevolezza di non poter che vivere fuori dal tempo, che passati i vent’anni nient’altro ci avrebbe mai più potuto illudere.
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Stairway, intesa -correttamente- come scalinata, avrebbe dato un senso più drammatico alla scena. Ho preferito un’ interpretazione più libera. In piano i corsi e ricorsi, legati alla catena faticano meno a girare in tondo.
Tag: 1991, Lago di Bracciano, Led Zeppelin, Musica, post-it
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