Asterione, ci siamo. Noi siamo finalmente faccia a faccia. Se è vero che ti conosco meglio di te stesso, posso predire che la tua cecità ti impedirà di smascherarmi, se non nei pressi dell’ultimo respiro. A te di Arianna, come d’altronde a me, in fondo, non te ne importa nulla. È vero, sì o no? E neanche di tutte quelle accuse che ti sei fatto cucire addosso su misura, come la storia dell’avido divoratore di fanciulle. Chi credi di ingannare? Forse te stesso, una delle tue tante anime mendaci. Con me non ci riesci.
Lasciala andare Arianna, guardala come scappa, la vittima sacrificale. Premiala per aver dipanato il filo che la riporterà da questo labirinto alla sua vita vera, perché è merito suo se ci troviamo adesso uno davanti all’altro.
Come lo hai costruito bene il tuo castelletto. No che non parlo delle mura contorte, di questi mattoni umidi, che neanche il fuoco rosso e giallo delle fiaccole appese riesce più a rischiarare. Quella prigione ti viene dal passato, ormai potresti liberartene in un soffio, se volessi. Sai invece qual è l’opera a cui mi riferisco? La casa degli specchi è il tuo capolavoro e la tua condanna insieme. Riflette all’infinito il fragilissimo lume della tua vanità, la sola cosa al mondo che ti abbia tenuto in vita, almeno fino ad ora.
Sei solo. Sei infelice. E sei aggressivo, pieno di invidie, di superbia, e noia. Ma non per colpa tua, almeno non quando questa storia ha avuto inizio. Non riesci a fare a meno di specchiarti, oggi ogni tuo passo incespica nel sogno di venir visto da coloro che sono fatti della stessa materia con cui vorresti fonderti, ma che non sai trattare, e che per questo fuggi. Ma a volte, a Sole tramontato, strisci per le vie buie, spiando i volti pallidi e temendo di causare ancora il pianto dei bambini.
La gente, se si avvicina, scappi. Se non lo fa, muori giorno per giorno della tua solitudine. Vuoi far sentire la tua esistenza e gridi: Io ci sono! Ma sei capace ancora di sentimenti veri? Perfino quando uccidi, tu con quel gesto verifichi a te stesso di essere ancora vivo.
Ti senti un esemplare unico. Ma, ascolta, mezzo-mostro: Chi non si percepisce unico sconta una pena molto peggiore della tua. Che cosa ti imprigiona veramente? Hai aspettative enormi verso gli altri, e la tua reclusione è stato un grosso errore sì, ma di tuo padre. Da allora sei convinto di essere un prescelto, uno che deve assolvere un compito divino. Uccidere per te è gesto di tenerezza, è amore verso i tuoi condannati. Tu pensi di salvarli, giusto, Asterione? A loro offri l’innalzamento a stadi di coscienza superiori, avendo come boia un Minotauro. Li guardi dentro gli occhi e godi una volta tanto, mentre annaspi dentro le loro lacrime.
Ero venuto qui per immolare un mostro e ho trovato un uomo qualunque. Ti guardo attraverso questa parete a specchio, io mi inginocchio a te e tu ti genufletti al mio cospetto. Mi riconosci come tuo destino, adesso. Teseo sei tu, Asterione. Ecco, muori felice ora, se ci riesci.
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Liberamente ispirato dal racconto di J.L. Borges “La casa di Asterione” (dall’“Aleph”, Feltrinelli, 2008)
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Genesis – In the cage
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