Un’altra sera (triplo carpiato… con la rete)

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Oggi, adesso, sono qui che scrivo. Guardo la foto del bar di Katia*, ci sono stata ieri, avevo preso un caffé e una fetta di torta carote e noci. Buona tanto che poi mi sono leccata le dita… Katia è molto carina e di musica ne capisce. I suoi amici meno (per me che sono pignola), ma mi sono simpatici.

Ieri nel pomeriggio aveva chiesto, Katia: “Cosa ci vedi?” Nel disegno di quei fili tesi, voleva dire. “Lo chiedo a chiunque entri”, e io: “Un veliero! Sul mare in tempesta”. Lei, con mio stupore, ci aveva visto altro. Gli altri clienti pure, altre visioni.

Altri ieri. Altri velieri. Altre visioni. Altre persone. Io stessa, in relazione ad altri, come cambio (e che fortuna questa).

E sempre oggi, invece, adesso, mentre pensavo a tutti gli altri ieri, al loro essere attuali, eppure distanti, eppure differenti, dentro la rete ho trovato questo, mi è piaciuto molto:

“L’oeil avait perdu l’oeil. L’oreille avait perdu l’oreille. 
La bouche avait perdu la bouche”
(Edmond Jabès)

Diversi caldi

Abbiamo avuto diversi caldi, uno per settimana. La notte si dormiva con la finestra aperta, per sentirsi meno soli. Abbiamo avuto diversi sonni, uno per ogni auto che passava sotto casa.
(da Blocco di testa il nuovo blog di Maurizio Landini)

.

Io, invece che al traffico, ho pensato subito al mare. Chissà se sotto sotto anche Maurizio, mentre lo scriveva..

*) La Caffetteria del Corso (Corso Vittorio Emanuele II, 314, Roma)

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3 Risposte to “Un’altra sera (triplo carpiato… con la rete)”

  1. Rocco R. Says:

    Tanto per intromettersi, io ci vedo un tetto…

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  2. Mariano Says:

    Edmond Jabès, ecco un poeta. Surrealista senza esserlo ufficialmente, nato in Egitto senza essere egiziano, figlio di ebrei italiani senza essere ebreo… Infine cittadino francese, e qui finalmente sotto un “arco di trionfo”: occhi, orecchi e bocca che perdono se stessi, ma ritrovano la vita.

    P.S.: nella rete ci vedo un muro, e dei chiodi… eheh

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  3. icalamari Says:

    Qualcuno mi ha detto di vederci dei fili.
    Come per le nuvole, in fondo non sono che nuvole.

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