Il post originale è apparso su Cartaresistente il 15 febbraio 2013
Così la mia vita è una fuga e perdo tutto e tutto è dell’oblio, o dell’altro. Non so quale dei due scrive questa pagina. (Jorge Luis Borges, “Borges e io” da “L’artefice”)
Narratrice
Seduta di fronte all’Altra, durante quei loro interminabili pomeriggi di confronto e sfida, A si sentì sempre più libera di ripercorre ed analizzare ciò che era stata la propria vita fino a quel momento. Fin da giovanissima, sostenuta fortemente dai familiari, aveva dimostrato un grande talento per la scrittura. Le sue prime prove furono accolte freddamente in patria. Scelse allora di emigrare nel paese Y, dove ottenne immediatamente un notevole successo e poté ritirarsi a vita privata, senza essere gravata da preoccupazioni morali o materiali, per dedicarsi allo studio del Racconto Perfetto. Solo dopo anni trascorsi tra innumerevoli tentativi e fallimenti, la perdita dell’uomo amato e della stima della famiglia d’origine, giunse molto vicina alla soluzione del problema. Entusiasta, spedì i risultati al famoso scrittore Z, il quale però la informò che nel periodo della sua lunga e solitaria ricerca, alle stesse conclusioni era arrivato prima di lei un giovane talento, al quale andarono onori e riconoscimenti. Caduta in una irrimediabile depressione, indisse una conferenza stampa, nel corso della quale annunciò teatralmente che il Racconto Perfetto non aveva alcuna possibilità di essere scritto. Abbracciò posizioni politiche estremiste e prese parte attivamente ad alcune manifestazioni di piazza a carattere violento. Venne quindi rimpatriata nel paese d’origine dove, nel corso di interminabili partite a domino, strinse casualmente amicizia con la Narratrice. Questa, armata del suo stesso entusiasmo per i racconti, risvegliò in A l’interesse per l’indagine abbandonata. Sotto gli occhi della Narratrice, la vita dell’ormai grigia e dimessa Autrice riprese ad ardere della passione di un tempo. Un giorno gridò al telefono di aver risolto finalmente il caso. La Narratrice si precipitò da lei, preoccupata per la sua salute. La trovò riversa in terra senza vita, attorniata da tessere di domino. Nessuno conoscerà mai più il segreto svelato. Nessuno, tranne la Narratrice di questo racconto.
Autore
Aveva sempre saputo di essere mediocre e per questo forse si era messo a scrivere, ma anche nello scrivere aveva una battaglia aperta con se stesso: non riusciva a trovare il proprio stile originale, anche se lo apprezzavano in tanti. Pensando comunque di avere una tecnica di successo e di essere letto da chi faceva delle scelte dava alle stampe i suoi libri, ne più ne meno, come lavori di mestiere e questo lo sottolineava anche la critica, considerando il fatto che l’autore cerca distinzione di idee, percorsi, parole, tutti concetti che definiscono nel tempo la sua vita. Effettivamente lui non si sentiva definito ma sempre più in difficoltà, al punto che pensò di abbandonare la letteratura per altre forme creative. Come per altri generi di scrittura: sceneggiatura; giornalismo; narrazione; critica; saggistica; blogger… anche il suo scrivere incontrava volente o nolente il “mi piace – non mi piace” del lettore, senza vie di fuga, senza compromessi, senza alternative. Sempre più innervosito che chiunque potesse esprimere un parere su quello che scriveva, cominciò a ordinare le parole come una barriera impenetrabile alla lettura. Ipotizzando che questa fosse la soluzione, iniziò a scrivere con il pensiero perverso di non essere letto, anzi, che la difficoltà ad essere capito trascinasse il pubblico e la critica in un punto morto di giudizio fino a spegnersi del tutto. A torto o a ragione ricercava ambiti creativi per imporre questa sua scelta che permettesse la fuga dai lettori. Più scriveva con questo pensiero in testa e nel cuore più affinava esperienza, quasi una “forma mentis” definita momento dopo momento, realizzazione su realizzazione. Insomma stava scrivendo per se stesso! Ma sapeva benissimo che un autore non può esistere al di fuori di un mondo di altri autori interessati ad esprimere le loro idee, sapeva che il vero scrittore è anche lettore accanito di letteratura impenetrabile realizzata da altri. Quindi cominciò ad arricchirsi di libri che lui giudicava creati con la sua medesima esigenza: migliorare lo scrivere per non farsi leggere. Non negava le proprie difficoltà in questo progetto, ma parola dopo parola superava radicalmente quello che aveva scritto in precedenza. Ora scriveva unicamente per il piacere di farlo pensando di non essere capito quindi di non avere un pubblico. In effetti i suoi lettori era sempre meno, ma quelli che lo leggevano lo considerandolo ora un autore vero che cambiando genere aveva sfidato le sue sicurezze andando incontro a nuove difficoltà esistenziali.
Francesca Perinelli e Davide Lorenzon – Dicotomie resistenti n. 4
Disegno di Fabio Visintin
Tag: autore, Cartaresistente, Davide Lorenzon, Dicotomie resistenti, Fabio Visintin, Francesca Perinelli, narratore, reblog d'antan, scrittura
17 febbraio 2018 alle 22:11 |
nel racconto perfetto c’è la solitudine di chi ricerca la perfezione senza trovarla, chiusa nel suo mondo.
Nell’autore si comoprende che chi scrive deve farlo per gli altri. Non importa chi lo legge ma come lo leggono
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