Dicotomia n. 11 – Tecnologia: Analogico/Digitale

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Il post originale è apparso su Cartaresistente il 19 aprile 2013

 

Tecnologia. L’abilità di organizzare il mondo in modo tale che non siamo costretti a farne l’esperienza.
Max Frisch, Homo Faber, 1957

Non lo ricordavo quasi più, ma era arrivato a mancarmi troppo. Ecco perché mi sono messa sulle tue tracce, e quanto ti ho cercato a lungo. Non eri in nessun posto nel quale avresti dovuto essere. Mi sarei data per vinta quando, quasi per caso, ti ho scovato finalmente. Tu eri l’unico del quale mi restava qualche immagine nella memoria. Durante i primi anni ottanta eri quello che sapeva fare la break dance. Ho in mente questa immagine: tu, illuminato a sprazzi dalle luci colorate, un fotogramma visibile alla volta, sulla testa a gambe e braccia aperte, nell’aria Rockit di Herbie Hancock. Un ragno, una divinità indiana capovolta, un coltellino svizzero ruotante sul suo vertice, come una trottola. Il sudore di ore di ballo mi si gelava addosso: avevi sulle spalle la scimmia della modernità. Pensare che avevi cominciato suonando la chitarra classica. Ancora, dimenticato il flipper, passavi ore con gli amici su quei primi videogiochi al bar, e poi a turno a casa di ciascuno. Da bambino ti intendevi di valvole e transistor, e ti lanciasti entusiasta sui primi personal computer, registrando nastri magnetici, uguali alle musicassette. Sei stato uno dei primi programmatori basic, lasciando perdere per sempre biglie, Subbuteo e seghetto alternativo. Una volta, diversi anni dopo, ci eravamo ormai persi di vista, siamo usciti insieme da un vagone affollato della metropolitana. Tenevi sottobraccio una quantità di videocassette che ti sono cadute a terra mentre mi salutavi. Producevi video semiprofessionali e accanto a te stava la bella della scuola, ormai cresciuta. Avevi ingranato. E poi? Cos’è successo? Perché ci ritroviamo io e te in piedi, a fronteggiarci in questo posto pieno d’ombra? Avevi letto l’annuncio, mi avevi riconosciuta. Cercavo qualcosa di inutile. Perché ho scoperto che un mondo troppo facilitato mi priva di ogni scopo. Ho tolto la batteria al cellulare e la rete a casa, da giorni. Non avendo più lavoro né ruolo sociale, ormai, non vedo perché affrettarmi. Ho tutto il tempo che mi serve, e anche di più. Ma tu, perché sei qui? Hai tra le mani il segno di riconoscimento concordato, un cubo di Rubik. Mi hai messa a fuoco sorridendo ma, subito, i tuoi occhi hanno smesso di brillare. Lentamente, adesso forzi le superfici colorate, con le falangi serrate e un po’ tremanti. La penombra è silenziosa come mai prima. Nessuna vibrazione, nessun trillo, o voce. Solo il tric tric provocato dalle tue dita, il tuo respiro, e il mio. Hai risolto una faccia. Possiamo cominciare.


Tu che stai leggendo
, ti senti tecnologicamente evoluto/a? Allora spiegami con parole tue il termine “digitale” senza chiedere a qualcuno di darti una mano. Saranno rispedite al mittente risposte generiche, semplici, o poco comprensive. Tieni presente che c’è un forte rischio a inoltrarsi con intelligenza in questa nuova genesi tecnologica e certamente capirai che sono da evitarsi imprecisioni nelle quali inevitabilmente potresti incorrere cercando di esprimere il tuo pensiero. A noi non interessa da dove proviene il termine “digitale”, quindi evita di rivolgerti a Wikipedia perché sappiamo farlo anche noi e non avrebbe di per sé alcun senso. E ti diciamo subito che a noi italianizzare l’Inglese, uno sport nazionale, è poco gradito e avremo preferito che la parola “digital” (a numeri – a cifre) restasse quella che era ma purtroppo è stata, appunto, nazionalizzata. Vorremo inoltre tu ci evitassi la spiegazione di “digitale” come termine per identificare qualcosa che “varia rapidamente a scatti” e magari non ci inoltrare, per una più rapida risposta, elenchi di oggetti multidimensionali che abbiano in se servizi di telecomunicazione, telefonia, Internet o altro. Lo sappiamo benissimo che con il “digitale” la voce, un messaggio, dei filmati, la radio, delle immagini… arrivano prima, arrivano meglio, costano meno, quindi non sprecare il tuo tempo a convincerci di cose che sappiamo già. Evita tabelle o micro-video esplicativi presi chissà dove, ma forse lo sappiamo dove li potresti prendere: in America! Pensando ingenuamente che noi fino a li non ci arriveremo a cercare “cervelloni che te la ri-girano” per avere ragione. Non perdere tempo, in America noi abbiamo amici fidati, oltretutto amici che con il digitale ti hanno già circondato… preso in ostaggio. Non potrai nemmeno interpretare la nostra richiesta digitalizzando la tua voce, perché in questo modo ci confermerai una cosa che già sappiamo e cioè il mezzo è piuttosto sfruttato e la novità potrebbe essere cosa tu stia dicendo e non tanto con quale mezzo tu lo stai facendo. In ogni caso dimostrati empatico considerando la realtà: ciascuno può essere indipendente nel “digitale”, ma a questo punto sorge un’altra domanda a cui vorremo tu dessi una risposta. La domanda è: da 1 a 10 quanto è libera e di qualità la tua vita dentro al digitale? E con questo darci dei numeri pensiamo di averti aiutato a non dire granché.

Francesca Perinelli e Davide Lorenzon – Dicotomie resistenti n. 11
Disegno di Fabio Visintin

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Una Risposta to “Dicotomia n. 11 – Tecnologia: Analogico/Digitale”

  1. newwhitebear Says:

    il mondo di ieri che malinconicamente ricorda valvole e transistor a confronto quello nervoso di oggi che funziona a scatti. O zero o Uno. Solo così. O ci sei o non ci sei. Poche ciance.

    "Mi piace"

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