un getto di Francesca Perinelli

Se sei tanto fortunato
da trovare un modo
di vita che ami,
devi anche trovare
il coraggio di viverlo.
John Irving
Preghiera per un amico
Rizzoli 1989
Ora nuotate tutti in un mare di onde. Elettromagnetismo popolare. Tutto a buon prezzo e nessuna fatica.
E a te piace nuotare.
Francamente, non me ne importava nulla, a Me, della tua carriera, un campo vale un altro. Figurati se mi formalizzo proprio Io che dopo tante delusioni, figlio dopo figlio dopo figlio […] dopo figlio, ho avuto un figlio come te, con quel acciento stranno e quelo stille sopporiffero che, Péro!, ala faccia, nonché all’improvisso, si aciende tutto e sbalii le parolle… Ma come mi tuoni, oh, come mi tuoni forte! E diventi tanto paonazzo che mentre ti guardo esplodo in certe risate come non mi capitano più. Da tempo, non da ieri, da tempo inenarrabilmente immemorabile. A Me, capito, che potrei permettermi risate trascendenti e assolute, a Me, mica mi capita più spesso, di ridere così. No, non vengono da me né l’etichetta né le buone maniere.
Quando nel mare non c’erano le onde, non c’era alcuna possibilità di affondare bracciate dentro un falso vuoto, o di affogare. Quando poi il vento e i maremoti hanno imparato ad accanirsi, sono venuti al mondo quelli come te, e lo hanno fatto, l’atto di venire al mondo, come libera scelta. Era la libera scelta di nuotare.
Sfociasti già tutto ben immerso dentro le palabras, parole che suonano più come parabole, intrise, anzi zuppe, di umori di concetti, di cui ti sei nutrito, con cui hai imparato da subito a familiarizzare. Chiedevi sempre di me e Io ti davo la mano, la tua fiducia era così assoluta, avrei potuto farti credere qualunque cosa. Ma rimanevo tanto incantato davanti alle tue prove che ti ho subito iscritto a quella grande scuola di nuoto che è la vita. E tu mi hai ripagato.
Stamane fuori cadeva tutta quella pioggia. Ormai sei vecchio, eppure ti allenavi.
Era una pioggia incerta della sua natura, senza il coraggio richiesto al suo personaggio. Tu l’hai prima ascoltata, considerata nella sua finitezza e poi, con misericordia, ancorché vecchio come ti sei fatto, hai tuonato per lei. Per lei e per tutti coloro che stanno da sempre piazzati mezzi dentro e mezzi fuori dalle situazioni, parti mutanti, anfibi figli del dubbio e dell’indecisione.
Forte della tua inconfutabile ascendenza hai afferrato un participio davvero impresentabile, l’hai spinto e l’hai buttato in acqua, dicendo che “è molto difficile essere misericordioso se uno non si accorge di essere misericordiato”. Da lì in poi hanno preso a tuffarsi prima le parole e poi anche le palabras, quindi si sono aggiunte le parabole, veloci, danzando in sincrono, spettacolo davvero incomparabile. E poi la gente, che si beveva tutto.
E tu, mentre parlavi, guardavi la gente sul punto di affogare.
E Io, senza bisogno di un ombrello nella pioggia, Io lo sapevo bene che non pensavi a loro, ma alla bracciata felice che ti portava al largo, al suono pieno delle onde nelle orecchie, per sempre fedele e coerente alla tua prima vocazione.
Questo racconto fa parte della serie Getti, nuovi racconti da solide radici. Per saperne di più, leggi qui.
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