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Prendere vento in bassa stagione

9 luglio 2012

 

 

 

Le mie vacanze sono agli sgoccioli.

 

– Yawn… Perché, dov’eri andata?

– In ferie, demone distratto.

– Beata te.

– Non dirmi che proprio tu lavori troppo.

– Mai lavorato un giorno in vita mia.

– Allora che vuol dire “beata te”?

– Che ci vuole una bella faccia tosta a andare in ferie adesso, con tutto quello che succede intorno.

– Guarda che leggo i giornali e poi, perché, tu che sei rimasto cos’hai fatto?

– Ho fatto cose, visto gente… Ciao!

– Ma sei scemo?

– Era una citazione.

– Bravo, torna a infilare perline, và.

– Hai una sigaretta?

– Vai.

 

É vero, è un momentaccio. Tra le tante nuove c’è De Gennaro, che a proposito delle condanne di Genova sente proprio di dover esprimere un profondo dolore per tutti coloro che a Genova hanno subito torti e violenze e un sentimento di affetto e di umana solidarietà per quei funzionari [condannati]”. Un colpo al cerchio e uno alla botte, via.

Durante i “fatti di Genova” ero in viaggio di nozze in una vallata austriaca. Pensavo che nulla avrebbe potuto macchiare la mia felicità. E poi guardando i telegiornali iniziai a grattarmi la testa, a darmi piccoli schiaffetti in viso. Quale felicità è perfetta? Avevamo degli amici che a Genova c’erano andati, che erano lì per protestare, come quei ragazzi che poi furono pestati alla scuola Diaz. Quale importanza aveva la nostra felicità per coloro che in quel momento erano a Genova a prendere botte dalla Polizia? Il mio matrimonio era un’idea geniale, autarchica, recentissima, ancora euforica. Una macchina nuova all’ uscita da un autosalone. E subito ecco un graffio sulla sua carrozzeria lucente.

E poco dopo è toccato a noi stare dalla parte di chi aveva problemi. Com’era difficile trovare qualcuno disposto a stare a sentire, convincerlo che bisognava che si unisse a noi per farcela. Quanto è costato lottare contro il silenzio. Eppure mi dicevo: hanno ragione. Troppi problemi al mondo. Bisogna fare una selezione, e non è sempre facile restare lucidi. Distinguere tra i casi. Non privarsi delle forze necessarie a vivere. Che vita difficile. Che vita impossibile. E poi è tutto finito,  all’improvviso, ecco. Ora si vive, finalmente. Ma come si fa?

Adesso vado in ferie quando mi pare, se mi pare. Troppi anni legata a una catena lurida di interessi disumani e sconci, che hanno dettato i tempi della mia, della nostra vita insieme. A volte vorrei proprio fumare. È che non reggo, sono diventata allergica, credo. Fumare mi fa male, all’istante. Proprio non posso. Bere nemmeno. E poi son cose diseducative verso i figli. Vado in vacanza a giugno allora, almeno questo.

– Cara, ti sei spiegata benissimo.

– Perline.

– Vado.

 

Su, non sono mica l’unica che per aggirare i costi dell’alta stagione prende le ferie a giugno, massimo ai primi di luglio. Vi ho visti, siete in tanti a fare come me. Spiagge belle piene, famiglie con bambini e tanti salsicciotti rosati e biondi (più tedeschi ed olandesi che italiani) in bicicletta per chilometri e chilometri  di curve a quaranta gradi sotto al sole.

L’ho scoperto quando le bambine erano piccole, in questo periodo il mare non è soltanto conveniente, è anche più pulito, e ci sono più chance di belle giornate. C’è anche un altro lato positivo. Ora che la vacanza mi ha quasi stufata, e significa che ha funzionato, è piacevole il pensiero di tornare nelle strade ancora affollate della città e sentire l’aria come più fresca, rispetto a prima della partenza, anche se la temperatura è cresciuta.

Capire che la città è un luogo come un altro. Né migliore né peggiore, tutto dipende da cosa ci sto a fare. E vedere che tutti viaggiano in senso contrario al mio, che mi sfiorano aggirandomi quasi senza vedermi e invece io mi permetto di camminare lenta, di girare lo sguardo e accorgermi della bellezza intorno, che c’è sempre bellezza, a ben guardare. E sorridere, senza ritegno. Anche agli sconosciuti, a quelli dall’aria innocua, s’intende. Ho voglia di sorridere. Di recuperare la felicità. Dev’essere un’esigenza comune a molti, se tante copertine includono la felicità nei titoli. In pochi mesi io che sono una lettrice pigra ed inconstante, ho letto, ad esempio Francesco Piccolo, Erri De Luca e Alice Munro. Ma tanti altri stanno a prendere vento sugli scaffali delle librerie e dei banchetti di libri nelle vie e nelle piazze estive.

Tra poco Roma si svuoterà di cittadini e resterà soltanto chi non avrà niente da fare o nessun soldo in tasca, che camminerà lento e contromano come starò facendo io. Ci ritroveremo alle rassegne di cinema, di musica, alle feste sul fiume, magari. Mhm, o forse no. Dipenderà da quanto vorrò sforzarmi a fare cose.

Sto tornando, ancora qualche giorno. Qui in Sardegna ho seguito il vento, finora niente maestrale e allora sono stati giorni isolati, puntiformi. Ognuno differente. Credo di avere seminato bene, qui. Mi ero portata solo due libri e qualche canovaccio. Pensavo che non avrei scritto, ma l’ho fatto.

Avevo messo in valigia tanti dubbi, sperando di srotolarli a terra in qualche spiaggia torrida e lasciarli prosciugare al sole. Invece hanno preso una forma ancora più concreta. Quindi pensavo che non avrei avuto notti senza sonno, invece ci sono state, eccome. Ma ricche di pensieri lineari, e il giorno successivo è stato come ritrovarmi messa a nuovo.

Pensieri come vettori: direzione, lunghezza, verso. Si sono uniti a rete, uno ad uno. Rette che, collegate, hanno costituito un piano. E io sento adesso che le dimensioni possono farsi multiple. Che non esiste solo il qui ed ora. Pensiero che rende liberi. Che rende forti. Che dà fiducia.

Il vento è favorevole, sto ritornando. Sarà bello ritrovarmi.

 

Road signal dal blog Marianorun

 

 


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