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Ta-da!

31 dicembre 2020

Si riparte, è ora. Fermata la corsa, per praticità è servito anche tagliare anche i capelli. Lo specchio suggeriva un’idea di ricci ingovernabili che non è andata persa: si è accorciato, si è smesso di acconciare, e il nuovo aspetto è subito sembrato giusto. Si è accordato alle felpe oversize con il cappuccio, ai lobi nudi, agli appuntamenti mancati con la depilazione. È stato pratico non saltare giù dal letto con la sveglia: senza altri impegni, si va a dormire in tempo per ogni incontro col giorno successivo. Si è dimenticato come si compiace e si è imparato a selezionare. Si è tenuto stretto ciò che conta. Si è lavorato alla luce del sole, respirando aria naturale. La conoscenza ora è un fatto volontario. Si è studiato, si è sperimentato, si è approcciato il vecchio e il nuovo e, come negli altri, si è guardato meglio dentro di sé. Dove si è fatto ordine, ci si è centrati, riuniti e anche rafforzati. E poi si è tornati davanti allo specchio, e ci si è riconosciuti.

Avevo staccato la spina al blog che, come altri settori della vita, doveva essere rimesso in pari col momento. O magari estinguersi, o trasformarsi in una cosa diversa. In questo tempo ho scaricato quasi tutto, ho riletto e mi sono sorpresa, in alcuni momenti commossa, e divertita. Io non adotto comportamenti social, eppure le persone valide che ho incontrato qui otto anni fa, ancora le frequento, ormai anche al di fuori di WordPress. Ho scoperto che, mantenendo qui le dinamiche di socializzazione del reale, unite alla lentezza della mia costituzione, il blog ha assunto la solidità di un oggetto la cui forma è definita dall’uso. Non patisce le mode, né gli umori, né i giudizi di altri. Ce l’ho come appeso al portachiavi di casa, è mio.

Ho preso i primi racconti, storie sgorgate fuori dalla mia caverna con una sincerità che oggi mi spaventa. Saranno pure ingenui ma li ho trovati bellissimi, mi rappresentano, ne sono orgogliosa. Li ho presi e li ho pubblicati, QUI e QUI. Mi piacerebbe che fossero letti, per scelta e non per piaggeria, e poi che si scegliesse ancora, di continuare a leggermi o di mandarmi, a voce alta o bassa, a quel paese.

Alla mia vita ho sempre chiesto almeno una dose di felicità quotidiana. So come fare, non è difficile. Si tratta di credere di meritarsela, e quindi di costruirne le basi. Premetto: durante l’ultimo anno ho avuto a che fare con amici che stanno vivendo tragedie personali molto gravi; ho i genitori lontani, una mi è lontanissima, e mi manca; sono morte persone, quest’anno, anche persone a me care; mi è morto perfino il gatto e non l’ho presa come una battuta; qualcuno che conosco sta combattendo col Covid, qualcuno giovane e in piena salute che trema, perché lavora in ospedale e ha visto morire, sempre per Covid, in pochi giorni, anche persone giovani. Conosco persone che non stanno lavorando. Malati di tumore o di altre malattie, sono persone, conosco i loro occhi.

E vengo al punto: per me è importante restare vicini, usare l’empatia per assorbire il troppo dolore e alleviare l’altro. Ma, per dare forza, bisogna essere forti; continuare a insufflare senso nella vita; darsi obiettivi, cercare di raggiungerli; concedersi di ridere; respingere la lamentela e il disfattismo; preparare il ritorno degli abbracci e dei sorrisi senza mascherina; non sbandierare il proprio entusiasmo, ma esercitarlo, sempre, giorno per giorno, è un’ancora di salvezza.

A me rende felice l’abbraccio, la vicinanza, la condivisione, come a tutti; e mi rende felice leggere, scrivere, disegnare, dipingere, mangiare pizza e birra, e i dolci, e andare a correre (quest’anno mi sono avvicinata ai dieci chilometri, e non ci sono portata), rendermi esausta facendo ginnastica, e poi ballare, tantissimo, e ascoltare musica di ogni genere, e cantare a squarciagola. La malattia, il lutto, la sofferenza psichica, sono dietro l’angolo, ogni giorno, anche loro. Quest’anno come mai mi sono resa conto che sia necessario tutelare il nucleo di sé, prevenendo e curandosi come se noi stessi fossimo una persona cara, anche se solo tramite le parole. Non c’è da vergognarsi, c’è da tirare forte per portare tutti di qua, fuori dal male.

Non so come usciremo da questa pandemia ma, quanto al blog, è ora, si riparte.