Il post originale è apparso su Cartaresistente il 30 agosto 2013
La carne è incompatibile con la carità: l’orgasmo trasformerebbe un santo in lupo.
Emil Cioran, Sillogismi dell’amarezza, 1952
Cappuccetto Rosso per la provetta delle proteine, azzurro per la coagulazione, viola per l’emocromo. Giallo equivale a siero, grigio – curva glicemica, blu – urine (bianco se sono quelle del mattino, quando certi nonnetti è difficile convincerli ad ammainare la bandiera, credono di avere ancora un’altra età). Alla mattina li sveglio a uno a uno, chiamandoli per nome: Nino, quasi demente, per me è Agnellino. Vito, con un polmone in meno, Serpe. Nanni, tutto intubato, Riccio. E così via. Mentre aprono gli occhi sistemo un cuscino in più dietro le loro reni. Li lascio fare se mi appoggiano un attimo le testone bianche addosso al camice. Quello che non deambula lo aiuto: attacco il pappagallo all’organo teso e tremante. Lo tranquillizzo, chiedendo di pensare a cose innocenti. A una radura nel bosco, o a un campo pieno di fiori. Ne mimo la coltura, dolcemente, sorrido e fingo di riempire un cestino. Vedo sparirgli gli occhi tra le palpebre e poi scuoterlo un brivido. È allora che intervengo, ferma e professionale come sempre. Avvito il tappo e scuoto la provetta, quindi saluto ed esco, devo passare ancora dalle donne, porto le colazioni. A volte aggiungo al carrello alcuni dolcetti, li faccio in casa per le mie care nonnine. Ma sono timorosa: il figlio di una di loro ha occhi ferini e mira a me, è palese. Devo giocare d’astuzia, lasciar passare il tempo necessario perché possa cambiargli nome e trattarlo come so.
Lupo, un soprannome che fa la differenza, lo associ subito alla pericolosità, alla feroce movenza, all’arcaica fame animalesca. In natura si sposta in branco, ma da umano un Lupo solitario ha un fascino tutto suo perché sa quel che vuole, ha ben presente quel che gli serve e conosce il momento per cui vale la pena rischiare. La mia fame di esistenza è pari alla mia fame interiore, facce di una stessa medaglia che da vigore fisico soprattutto quando la preda non è da mangiare ma da possedere. È un errore pensare che i Lupi si muovano solo di notte, questo succede nelle favole bambinesche, oggi siamo i padroni del giorno, ben vestiti e inseriti tra le prede indaffarate nei loro impegni. Di notte meglio dormire, sono i peggiori a muoversi con il buio e devi sempre lottare con loro per saziarti con quello che resta in città. Da qualche giorno sto seguendo da vicino una donna dal viso di bambola e un corpo da urlo, sempre vestita di rosso: ausiliare di servizio. Lavora in un R.S.A. residenza assistenziale per anziani dove ho ricoverato mia Madre novantenne non più autosufficiente. Ha un cuore grande e un culo perfetto, ha il vizio di accarezzare la testa dei vecchietti portandoli al petto, tutto tondo: gesto, appoggio, carezza… a chi tocca si rilassa e gode. Ho preteso dalla dirigenza dell’R.S.A. sia al servizio permanente della mia vecchia e prima o poi l’occasione di saziarmi di lei si presenterà. C’è tempo e tranquillità, soprattutto un territorio di caccia ben protetto.
Francesca Perinelli e Davide Lorenzon – Dicotomie resistenti n. 26
Illustrazione di Fabio Visintin