Chi è nato nel paese del sole, l’estate senza mare quasi non la concepisce. Sarebbe una scelta troppo innaturale, anche se a volte, nelle tasche, non ci si ritrova più la meraviglia. Restano solo granelli di fastidiosa sabbia, riversata sul pavimento quando meno te lo aspetteresti.
Il mare. Noi come isole logorate dalle onde.
Così, stavolta, sull’isola mi sono portata lei. Nata e cresciuta in un isolamento senza salsedine e iodio e spruzzi e languidi sciacquettii a lambire le sue caviglie pallide.
Lei, che le isole le rincorre, e sogna. Io le sto dietro e sogno quello che mi racconta di sognare. Ogni volta é un risveglio differente, la meraviglia che torna, e torna, e torna.
Lei stamattina legge “L’isola di Arturo” di Elsa Morante.
Tag: Blog, Cartaresistente, Elsa Morante, Estate, Francesca Perinelli, Racconti, Racconto
15 agosto 2013 alle 18:57 |
Dici bene un’estate senza il mare…sarebbe terribilissima, per me!
Sai che non ricordo se l’ho letto questo libro? Mah…
ciao
.marta
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15 agosto 2013 alle 22:01 |
Puoi sempre leggerlo di nuovo, nel dubbio… Ciao!
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17 agosto 2013 alle 03:26 |
Oh, impossibile dimenticare questo libro!
E’ bellissimo rileggerlo e rileggerlo.
Uno stupore sempre nuovo ed antico.
E tutto rinasce ogni volta.
Elsa Morante!
“Noi come isole logorate dalle onde”
Mi fai giungere così tanto, cara!
Un abbraccio
gb
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17 agosto 2013 alle 22:01 |
È facile rispondere come un’eco, a certe letture. A presto 🙂
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18 agosto 2013 alle 00:31 |
Sì. Un’eco, ecco!
Esattamente.
Con uno “stupore sempre nuovo ed antico” accolgo certe letture.
A presto, cara!:-)
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19 agosto 2013 alle 20:13 |
Io invece l’estate senza mare la concepisco e come. Eppure sono nato in un’isola. Sarà che ho imparato a nuotare quando il mare non ce l’avevo più sotto casa, sarà che in fondo il mare mi annoia (e m’innervosisce), sarà che sono strano, ma io le isole le vedo come limitazione, come perdita di libertà. Poi magari non mi muovo di casa per giorni, ma so che se voglio andare da qualche parte non devo attraversare il mare e questo mi basta.
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19 agosto 2013 alle 21:46 |
Ciao Guido, spero che tu abbia apprezzato nelle prime battute l’avverbio “quasi”, riferito a un “Chi” numericamente più esteso dell’apparentemente singola voce narrante, e che mi è stato utile a definire una tipologia umana pur nella brevità di un’istantanea come questa.
So che avere confini (esistono “isole” anche senza mare attorno) può avere valenze differenti per ciascuno, e conosco anche io un certo numero di italiani che come te sono felicemente indifferenti al mare.
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